Trattamento del tumore non a piccole cellule

Per curare il tumore al polmone nelle sue diverse fasi e nei suoi molteplici aspetti è importante che la presa in carico del paziente avvenga con un approccio multidisciplinare al fine di individuare il trattamento più adeguato. L’approccio multidisciplinare prevede il coinvolgimento di:  un chirurgo  toracico, un oncologo, un radioterapista oncologo, uno pneumologo, un radiologo esperto nelle valutazioni del tumore polmonare, un anatomopatologo in grado di analizzare la biopsia, un biologo molecolare, coinvolto nella ricerca di mutazioni, uno psico-oncologo che aiuta il paziente e la famiglia ad affrontare il percorso di malattia e di cura. Possono essere coinvolti anche infermieri specializzati, dietologi, assistenti sociali, fisioterapisti ed esperti di cure palliative (palliativista) che si occupano della gestione del dolore.

Chirurgia

Cos’è la chirurgia?

 

La chirurgia è il primo passo nel trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule in stadio iniziale. 

 

 

È indicata negli stadi limitati di malattia, quando il tumore è di piccole dimensioni e non si è diffuso a distanza. 

L’indicazione all’intervento è data dal Chirurgo Toracico in condivisione con gli altri specialisti del team multidisciplinare di cure (Oncologo, Radiologo, Radioterapista, Broncoscopista, Anatomopatologo). L’intervento dovrebbe essere effettuato in centri con elevato volume di attività, da parte di personale specialistico con grande esperienza chirurgica. È importante essere in buone condizioni generali e non avere altre patologie che sconsiglino l’esecuzione dell’intervento. 

L’intervento consiste nell’ asportazione del tumore e di alcuni linfonodi vicini, situati nel torace. 

Il tipo di chirurgia che può essere proposto dipende dalle dimensioni e dalla sede del tumore:

  • la resezione a cuneo segmentaria consiste nell’ asportazione di una piccola porzione di polmone. Questo intervento viene offerto in stadi molto precoci di malattia e può essere effettuato come chirurgia a cielo aperto o con tecniche mini-invasive (Video Assisted Thoracic Surgery – VATS); 
  • la lobectomia consiste nell’asportazione di uno dei lobi del polmone e rappresenta il trattamento chirurgico per eccellenza del tumore polmonare. Anche questo tipo di intervento può essere eseguito con approccio mini-invasivo. Solitamente il paziente è in grado di tornare a casa dai 3 ai 7 giorni dopo la procedura. Si parla di bi-lobectomia se al polmone destro, che ha tre lobi, se ne asportano due;
  • la pneumonectomia è l’asportazione completa di uno dei polmoni. Si tratta di una chirurgia più complessa che richiede un’ottima funzionalità respiratoria di base. 

Negli stadi precoci (stadio I), la chirurgia può costituire l’unica terapia necessaria. 

In altri casi di malattia ben localizzata (stadio II), l’intervento può essere seguito da cicli chemioterapia con lo scopo di ridurre il rischio di recidiva nei mesi successivi.

Il tumore del polmone non a piccole cellule in stadio localmente avanzato (stadi IIIA e IIIB) rappresenta invece una malattia molto eterogenea, non sempre operabile in prima battuta. L’approccio terapeutico ottimale va dunque scelto caso per caso e consiste in una combinazione di diversi tipi di trattamento (chirurgia, chemioterapia e/o radioterapia), che prende il nome di terapia multimodale. Alcuni pazienti con tumore del polmone in stadio III presentano una malattia considerata resecabile da subito oppure dopo terapia di induzione. In questi casi, la strategia di trattamento prevede cicli di chemioterapia con o senza radioterapia allo scopo di ridurre la massa tumorale prima dell’intervento chirurgico. Altri pazienti presentano un tumore considerato non resecabile, che non può essere sottoposto a chirurgia a causa delle sue dimensioni, della sede e dell’interessamento dei linfonodi situati nella parte centrale del torace. Il trattamento in questo caso esclude l’opzione chirurgica ed è rappresentato dalla chemio-radioterapia

 

Radioterapia

Cos’è la Radioterapia?

La radioterapia è una terapia medica che utilizza radiazioni ionizzanti ad alta energia per danneggiare le cellule tumorali attraverso alterazioni del DNA cellulare.

 

Come funziona?

Le radiazioni vengono erogate dall’esterno da un’apposita macchina che indirizza il fascio di raggi X ad alta energia contro il “bersaglio” rappresentato dalla malattia tumorale. In realtà tutte le cellule della zona trattata vengono colpite ma, mentre le cellule sane recuperano rapidamente la loro funzionalità, quelle malate vengono danneggiate o distrutte. Le moderne tecniche radioterapiche, altamente sofisticate, sono in grado di risparmiare notevolmente i tessuti sani circostanti in modo da non causare complicazioni o danni gravi.

 

Quali sono gli obiettivi del trattamento?

La radioterapia può avere diversi intenti:

  • Neoadiuvante (pre-operatorio): la radioterapia, somministrata prima della chirurgia (in associazione alla chemioterapia) ha l’obiettivo di ridurre le dimensioni della massa e facilitare l’intervento;
  • Adiuvante (post-operatorio): l’obiettivo è distruggere le cellule di malattia residua dopo l’intervento e ridurre il rischio di recidiva. In alcuni casi, il trattamento radioterapico può essere associato alla chemioterapia, per potenziare al massimo l’effetto anti-tumorale: alcuni pazienti riceveranno quindi un trattamento “concomitante” (radioterapia e chemioterapia somministrate nello stesso periodo di tempo), altri pazienti riceveranno invece un trattamento “sequenziale” (radioterapia e chemioterapia somministrate in sequenza, prima l’una e poi l’altra);
  • Radicale (radioterapia stereotassica): la radioterapia somministrata come trattamento esclusivo ha l’obiettivo di arrestare la crescita della malattia con uno scopo curativo. Questa opzione viene offerta in caso di tumori molto limitati o in pazienti che rifiutano o non possono affrontare la chirurgia.
  • Palliativo o sintomatico: la finalità del trattamento è alleviare il dolore, migliorare i disturbi causati dalla malattia o ritardarne l’insorgenza.

 

Quali sono gli effetti collaterali?

Gli effetti collaterali si verificano perché la radioterapia può danneggiare i tessuti sani vicini alla zona di irradiazione. La tipologia di effetto indesiderato che può verificarsi dipende dalla sede trattata e dalla dose di radiazioni ricevuta. Solitamente, gli effetti collaterali compaiono dopo 2 o 3 settimane di trattamento e regrediscono alcune settimane dopo l’ultima seduta di terapia. Talvolta si possono rendere necessarie terapie mediche di supporto per ridurne l’entità e la durata.

In base alla tempistica di comparsa distinguiamo gli effetti collaterali in:

  • Acuti: si verificano durante il trattamento o entro un mese dal termine della radioterapia;
  • Subacuti: compaiono tra 1 e 3 mesi dal termine della radioterapia;
  • Tardivi: si verificano dopo circa un anno dal termine del trattamento.

 

I più comuni effetti collaterali associati alla radioterapia sono:

  • Disfagia (difficoltà nella deglutizione dei cibi solidi e liquidi): è provocata dall’infiammazione della parete interna dell’esofago, l’organo che conduce gli alimenti ingeriti allo stomaco. L’esofago, per la sua posizione anatomica, viene in parte compreso nel campo di irradiazione toracica, e le cellule della sua mucosa vengono danneggiate, con conseguente difficoltà nella deglutizione. Consigli: mangiare cibi cremosi, bere più liquidi, non assumere alimenti piccanti o troppo acidi (come vino, agrumi, aceto). Il radioterapista può prescrivere una terapia medica specifica per alleviare il disturbo.
  • Infezioni fungine (es. candidosi orale e/o esofagea): sono favorite dall’alterazione della mucosa esofagea e del cavo orale, si manifestano con patina linguale e infiammazione e comportano a volte difficoltà nella deglutizione.
  • Tosse stizzosa: è causata dall’ irritazione della mucosa bronchiale (la parete interna delle vie aeree), è generalmente di lieve entità e tende a ridursi durante la seconda metà del trattamento.
  • Alterazioni della cute: comprendono eritema (arrossamento della cute), iper-pigmentazione (la pelle si scurisce come se fosse abbronzata), secchezza cutanea, prurito, desquamazione, fibrosi del sottocute (la cute diventa di consistenza più dura). Consigli: idratare bene la pelle con creme lenitive e antiossidanti, non esporre in maniera diretta al sole la zona appena irradiata, utilizzare creme solari ad alta protezione, informare il radioterapista prima di utilizzare nuovi prodotti per la cute sull’area di trattamento.
  • Polmonite da raggi e fibrosi polmonare, che rappresentano la tossicità tipica dell’irradiazione toracica: la polmonite da raggi si manifesta con febbre alta, tosse e difficoltà respiratorie (sensazione di fiato corto) e compare in genere entro 4-12 settimane dal termine del trattamento radioterapico. Talora richiede il ricovero del paziente e si cura con terapia medica specifica. La fibrosi polmonare, che compare da 6 a 24 mesi dal termine del trattamento radioterapico, è in genere asintomatica e riconoscibile radiologicamente.
  • Stanchezza e calo dell’appetito: più accentuati al termine del trattamento, sono effetti collaterali generalmente di lieve-moderata entità e transitori. Consigli: è importante mantenere un’adeguata alimentazione. Può essere utile assumere piccole quantità di cibo durante la giornata piuttosto che tre grandi portate, mangiare ogni qualvolta se ne senta il bisogno, fare una passeggiata prima dei pasti. Riposare è fondamentale, se ci si sente stanchi!

 

Le domande più frequenti dei pazienti: 

  • “La radioterapia è un trattamento doloroso?” La radioterapia esterna non è di per sé dolorosa. Gli effetti collaterali che potrebbero comparire possono causare dei disagi e talvolta dolore in caso di infiammazione. Il medico può prescrivere una terapia specifica per alleviare i sintomi.
  • “Divento radioattivo?” La radioterapia esterna non fa diventare radioattivi. Si può continuare ad avere contatti con le persone vicine, compresi i bambini. L’isolamento non è assolutamente necessario in quanto la radioterapia a fasci esterni non comporta alcun rischio di radioattività per le persone vicine al malato.
  • “Posso venire a fare la terapia da solo? Posso guidare l’auto?” Se il paziente è in grado di recarsi in ospedale in autonomia, non ci sono controindicazioni.
  • “Perdo i capelli?” La radioterapia non fa cadere i capelli, a meno che non vengano irradiate zone con capelli e/o peli (testa, viso, collo).
  • “Posso prendere il sole?” È consigliabile non esporre la cute irradiata al sole diretto durante il trattamento. In ogni caso è buona norma utilizzare creme solari ad alta protezione (almeno SPF 50).

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto La radioterapia nel tumore del polmone ↓.

 

Chemioterapia

Cos’è la chemioterapia?

La chemioterapia è una terapia farmacologica che impiega farmaci cosiddetti citotossici o antiproliferativi in grado di bloccare la moltiplicazione delle cellule tumorali o di distruggerle. L’indicazione al trattamento chemioterapico viene stabilita dall’Oncologo sulla base di molti fattori, tra cui lo stadio della malattia, le caratteristiche biologiche del tumore, le condizioni generali del paziente.

 

 

Come funziona?

I farmaci chemioterapici, attraverso il sangue, raggiungono le cellule tumorali in tutto il corpo e intervengono nel momento in cui le cellule neoplastiche si dividono, bloccando questo processo e causandone la morte. Questi farmaci possono essere somministrati uno alla volta oppure in combinazione, Le vie di somministrazione più comunemente utilizzate sono quella endovenosa (fleboclisi) e quella orale (compresse).

 

Quali sono gli obiettivi?

La chemioterapia può essere somministrata in varie fasi della malattia con obiettivi diversi:

  • Neoadiuvante (pre-operatorio): se il tumore non è operabile in prima battuta, la chemioterapia viene somministrata prima della chirurgia con l’obiettivo di ridurre le dimensioni della massa e permettere un intervento più conservativo;
  • Adiuvante (post-operatorio): la chemioterapia, effettuata dopo un intervento chirurgico radicale, può distruggere eventuali cellule tumorali residue, raggruppate in masse microscopiche o comunque troppo piccole per essere rilevate dagli strumenti diagnostici. L’obiettivo è ridurre il rischio di recidiva (cioè la probabilità che la malattia si ripresenti ), aumentando le possibilità di guarigione.
  • Curativo: nella malattia localmente avanzata che non è candidabile all’intervento chirurgico a causa delle sue dimensioni, della sede e dell’interessamento dei linfonodi situati nella parte centrale del torace, la chemioterapia in associazione alla radioterapia è il trattamento di scelta.
  • Esclusivo: la chemioterapia, da sola o in associazione all’immunoterapia, viene somministrata nei casi in cui il tumore abbia coinvolto organi a distanza, con l’obiettivo di rallentare l’evoluzione della malattia e migliorare la qualità di vita. La chemioterapia a base di platino ha rappresentato per lungo tempo l’unica terapia efficace per il controllo del tumore polmonare e continua ad essere un’opzione terapeutica valida da offrire ai pazienti con tumore polmonare.

 

Quali sono gli effetti collaterali?

Gli effetti collaterali della chemioterapia variano a seconda del tipo di farmaco, delle dosi utilizzate e del numero di chemioterapici somministrati. Gli effetti indesiderati possono verificarsi perché questi farmaci danneggiano le cellule che si moltiplicano più rapidamente, come accade per le cellule tumorali ma allo stesso tempo anche per le cellule sane del midollo osseo, della mucosa orale e gastrointestinale, della cute e dei follicoli piliferi. Alcuni organi sono dunque più sensibili di altri agli effetti collaterali della chemioterapia, perché costituiti da cellule che normalmente si replicano in maniera più attiva. Gli effetti collaterali della chemioterapia spesso preoccupano i pazienti più della malattia stessa. Bisogna però ricordare che, nella maggior parte dei casi, questi effetti sono transitori (regrediscono gradualmente dopo la somministrazione del ciclo o la sospensione del trattamento) e possono essere prevenuti o controllati con una terapia medica specifica. Tra gli effetti collaterali più comuni e più temuti figurano:

  • Nausea e vomito

La nausea è una sensazione soggettiva molto spiacevole, descritta come sensazione di disagio o malessere localizzato a livello dello stomaco, della gola o diffuso in tutto l’addome. È caratterizzata da una repulsione per il cibo e a volte impedisce completamente l’alimentazione, interferendo con la capacità di svolgere le normali attività quotidiane. Il vomito è l’espulsione attraverso la bocca di ciò che è contenuto nello stomaco. Distinguiamo, in base al tempo di comparsa, tre differenti tipi di vomito, ognuno dei quali richiede un diverso approccio terapeutico: l’emesi acuta è definita come nausea e vomito che si manifestano entro le prime 24 ore dopo la somministrazione della chemioterapia, l’emesi ritardata si manifesta solitamente dal 2° al 5° giorno del ciclo di chemioterapia, l’emesi anticipatoria è definita come nausea e vomito che si presentano prima della somministrazione del ciclo, in pazienti che non hanno avuto un adeguato controllo dei sintomi in occasione della chemioterapia precedente. Fattori scatenanti l’emesi anticipatoria sono nausea e vomito dopo il I ciclo di trattamento, aumento dei livelli d’ansia, odori o sapori che ricordano l’ambiente sanitario nel quale viene eseguito il trattamento o l’ambiente sanitario stesso. Questi sintomi possono essere ridotti/controllati da un adeguato utilizzo di farmaci antiemetici, la cui prescrizione è effettuata dall’oncologo il giorno stesso della somministrazione della chemioterapia e successivamente alla comparsa dei disturbi. Consigli: preferire cibi come pane tostato, cracker, yogurt, pan di spagna senza farcitura, riso, patate e carne magra (preferibilmente carne bianca) facilmente digeribili, liquidi non densi o bibite gasate, preferibilmente a temperatura ambiente da bere a piccoli sorsi nell’arco della giornata. Evitare cibi fritti, grassi o untuosi, alimenti molto dolci o cibi molto speziati.

  • Stanchezza

L’astenia (o stanchezza) è una sensazione soggettiva di malessere fisico, mentale ed emotivo. Spesso questa sensazione è persistente, impedisce di svolgere le normali attività quotidiane e lavorative, ostacola i rapporti con familiari e amici, può rendere difficoltoso il completamento delle terapie oncologiche.

Questo problema è estremamente frequente: si stima che sia presente nel 90% dei pazienti in corso di trattamento e nel 75% dei pazienti non in corso di terapia.

Le principali cause di astenia sono rappresentate da: anemia, trattamenti chemioterapici e radioterapia, dolore cronico, abbassamento del tono dell’umore, disturbi della nutrizione e del sonno.

È importante parlarne con il proprio oncologo, che potrà spiegare l’origine della stanchezza e consigliare alcuni rimedi per contrastarla. In alcuni casi, una terapia cortisonica a basse dosi aiuta a ridurre questo sintomo. Consigli: una moderata attività fisica è un rimedio importante contro la stanchezza. Yoga e tecniche di rilassamento muscolare possono offrire un valido aiuto.

  • Alopecia

L’alopecia è la perdita di capelli e peli (sopracciglia, ciglia, barba, ascelle, inguine) e rappresenta per i pazienti uno dei maggiori disagi legati alla chemioterapia. La perdita può essere parziale o totale ma è, nella maggior parte dei casi, transitoria e reversibile. Inoltre, non tutti i chemioterapici provocano alopecia. I farmaci che inducono più frequentemente la perdita completa di peli/capelli nel trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule sono docetaxel e paclitaxel. I farmaci che possono indurre una perdita parziale sono: cisplatino, gemcitabina, vinorelbina e pemetrexed. Bisogna ricordare che, quando ricrescono, i capelli possono cambiare di consistenza e colore. Consigli: ripararsi dal freddo o dal caldo con un copricapo, dormire su federe di raso, utilizzare shampoo delicati e spazzole morbide che riducono al minimo la perdita dei capelli. Se ne sentite la necessità, indossate una parrucca che vi faccia sentire a vostro agio.

  • Tossicità ematologica

La tossicità ematologica consiste nella riduzione del numero di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine nel sangue. È dovuta all’azione della chemioterapia sulle cellule che si moltiplicano rapidamente, incluse le cellule sane del midollo osseo (dove vengono prodotti i globuli bianchi e rossi e le piastrine). L’oncologo può valutare questa tossicità sottoponendo il paziente ad un prelievo di sangue di controllo, eseguibile dai 10 ai 15 giorni dopo l’infusione di chemioterapia. La tossicità ematologica è generalmente asintomatica. A volte potreste sentirvi più stanchi a causa dell’anemia o potreste essere più esposti alle infezioni in caso di abbassamento delle difese immunitarie.

 

Per una descrizione più completa degli effetti collaterali legati alla chemioterapia e della loro gestione, consulta il libretto Terapie di supporto nel tumore del polmone ↓

Immunoterapia

Immunoterapia: cos’è e come funziona?

 

 

Il sistema immunitario è un complesso insieme di organi, cellule e molecole che agisce come una barriera contro virus, batteri e tutto ciò che viene riconosciuto come estraneo al nostro corpo.

 

La risposta immunitaria naturale si scatena potenzialmente anche contro le cellule tumorali, che sono molto diverse dalle normali cellule presenti nel nostro corpo. Spesso, però, le cellule tumorali sono in grado di nascondersi al sistema immunitario e sfuggire al suo controllo.

 

Uno dei meccanismi con cui la cellula tumorale “spegne” il sistema immunitario, consiste nell’esporre sulla propria superficie alcune proteine, la più conosciuta delle quali è PD-L1. Questa, a sua volta, lega la proteina PD-1 espressa sulla superficie dei linfociti T, potenti globuli bianchi capaci di riconoscere ed eliminare le cellule infette o anormali. Quando si crea il legame tra PD-L1 e PD-1, si interrompe la risposta immunitaria e il linfocita viene neutralizzato, perdendo la capacità di attaccare la cellula tumorale.

 

Le terapie immuno-oncologiche bloccano questo processo, riattivando la risposta difensiva contro il tumore e impedendo alle cellule malate di sfuggire al controllo del sistema immunitario. L’immunoterapia è quindi diretta al nostro sistema di difesa, non al tumore in sé, e lo rende capace di riconoscere e attaccare in modo selettivo le cellule tumorali.

 

I farmaci immunoterapici sono anticorpi monoclonali in grado di bloccare selettivamente le proteine espresse sulla superficie delle cellule tumorali e dei linfociti T, come PD-L1 e PD-1, impedendone l’interazione.

 

 

Gli immunoterapici approvati in Italia per il trattamento del tumore polmonare non a piccole cellule sono: pembrolizumab e nivolumab, che agiscono contro PD-1; atezolizumab e durvalumab, in grado di controllare PD-L1.

 

L’immunoterapia viene somministrata in ambiente ospedaliero tramite un’infusione endovenosa di breve durata a cadenza bi o trisettimanale, a seconda del farmaco utilizzato.

 

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto Immunoterapia nel tumore del polmone ↓

 

Quando è indicata l’immunoterapia?

 

L’immunoterapia viene proposta a pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in fase avanzata, in assenza di alterazioni molecolari aggredibili con terapie target (per saperne di più, consulta la sezione “medicina personalizzata”). L’immunoterapia può essere somministrata da sola oppure in associazione alla chemioterapia a base di platino. La scelta del farmaco e dello schema più appropriato sarà effettuata dall’oncologo sulla base di diversi parametri, tra cui l’istologia, i livelli di espressione di PD-L1 da parte delle cellule tumorali e le caratteristiche cliniche del paziente. L’immunoterapia viene offerta anche a pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio localmente avanzato come terapia di consolidamento a seguito di un trattamento chemio-radioterapico, con lo scopo di ridurre il rischio di recidiva e aumentare l’aspettativa di vita.

 

Quali sono gli effetti collaterali dell’immunoterapia?

 

L’immunoterapia è un trattamento ben tollerato. Gli effetti indesiderati sono meno frequenti e meno gravosi rispetto alle terapie tradizionali.

 

Gli effetti collaterali che potrebbero comparire in corso di immunoterapia sono diversi da quelli degli altri farmaci antitumorali perché diverso è il meccanismo che li scatena. Il potenziamento dell’attività del sistema immunitario può far sì che quest’ultimo inizi ad attaccare anche le cellule normali dell’organismo, un fenomeno chiamato autoimmunità. Possono quindi verificarsi reazioni cutanee, diarrea, alterazioni della funzionalità della tiroide e del fegato. Più rara è la polmonite immuno-correlata.

 

Il tempo di insorgenza è molto variabile, gli effetti indesiderati possono comparire anche dopo 6-7 settimane dall’inizio della terapia.

 

Nella maggior parte dei casi, queste tossicità sono lievi e vengono gestite con una terapia di supporto adeguata.

 

I sintomi a cui prestare maggiore attenzione e per i quali bisogna consultare tempestivamente il proprio oncologo sono: diarrea o dolore addominale, presenza di sangue o muco nelle feci, forte stanchezza, perdita di peso, mancanza di respiro e tosse, cefalea, confusione, debolezza muscolare, dolori articolari o muscolari, febbre.

 

La somministrazione del farmaco potrebbe essere rimandata, o temporaneamente sospesa, qualora si verificassero effetti collaterali; potrebbe anche essere interrotta in modo definitivo in caso di tossicità particolarmente gravi.

 

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto Terapia a bersaglio molecolare e immunoterapia – gestione pratica dei più comuni effetti collaterali ↓

Medicina personalizzata

Medicina personalizzata e target molecolari 

Nei soggetti in cui si sospetta una patologia neoplastica a carico del polmone, vi è l’indicazione all’esecuzione di una biopsia. Sul tessuto prelevato è possibile poi condurre sia una valutazione istologica, che consente di definire la natura e le caratteristiche del tumore, sia una valutazione molecolare, che evidenzia la presenza di eventuali alterazioni genetiche (o biomarcatori) nelle cellule tumorali. In rari casi, in cui ci sia scarsità di materiale tissutale, si può ricorrere alla biopsia liquida per le indagini molecolari.

 

 

Questo è ciò su cui si basa la cosiddetta medicina personalizzata o di precisione, che prevede l’individuazione di strategie terapeutiche fondate sia su criteri clinici sia sulla ricerca di alterazioni molecolari. Secondo le attuali linee guida è indicato testare tutti i pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule avanzato, soprattutto se giovani e/o non fumatori, per le mutazioni di EGFR e BRAF e per le traslocazioni di ALK e ROS1, ossia per le alterazioni per cui in Italia è presente una “terapia a bersaglio molecolare” (o target therapy) approvata e rimborsata.

L’analisi molecolare può essere condotta mediante diverse tecniche, tra cui l’NGS (Next Generation Sequencing), che consente la valutazione di una grandissima quantità di alterazioni genetiche in un lasso di tempo relativamente breve. Ulteriori metodiche utilizzabili sono ad esempio l’immunoistochimica e la FISH. In generale, il risultato delle analisi molecolari è disponibile dopo circa 3-10 giorni lavorativi, con una variabilità che dipende in parte dal laboratorio a cui viene inviato il campione e in parte dalla qualità del materiale esaminato.

 

Tumore del polmone con mutazione di EGFR

Le mutazioni del gene EGFR, suddivisibili in classiche e non comuni, si riscontrano in circa il 10-15% dei pazienti con NSCLC e, in particolare, sono più frequenti nei giovani non fumatori. In questi soggetti il trattamento ottimale consiste in una terapia a bersaglio molecolare assunta per via orale.

Secondo le ultime linee guida, la valutazione della mutazione di EGFR può essere eseguita su pezzo operatorio o su campione di tessuto prelevato mediante biopsia. Nel caso in cui la quantità e/o la qualità del tessuto disponibile non siano adeguate, è possibile affidarsi alla cosiddetta biopsia liquida che, mediante un prelievo di sangue venoso, consente l’analisi di frammenti tumorali circolanti presenti nel sangue. Questa metodica può essere impiegata anche per la ricerca della mutazione di EGFR T790M, individuata in circa il 40% dei pazienti e meccanismo di resistenza ad alcuni dei farmaci approvati, quindi possibile causa di progressione di malattia. In caso di risultato negativo della biopsia liquida, è comunque indicata, quando possibile, una nuova valutazione mediante biopsia tissutale. Per i pazienti con mutazione T790M di EGFR sono stati studiati e approvati dei farmaci in grado di essere efficaci anche in questa condizione.

Sono state inoltre identificate delle mutazioni più rare (o non comuni) a carico del gene EGFR, tra cui la più frequente è sicuramente l’inserzione dell’esone 20, causa di un tumore meno responsivo ai farmaci finora approvati.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto “Terapie a bersaglio molecolare nel tumore del polmone ↓“.

Tumore del polmone con traslocazione di ALK

riarrangiamenti del gene ALK sono presenti nel 3-7% dei pazienti con carcinoma del polmone avanzato non a piccole cellule e sono riscontrati più frequentemente in soggetti di età < 50 anni, non fumatori e con istologia tipo adenocarcinoma. Come per EGFR, anche in questo caso la valutazione dell’alterazione molecolare deve essere eseguita su pezzo operatorio o su campione bioptico, tramite NGS, FISH ed immunoistochimica. La sua individuazione è fondamentale dal punto di vista terapeutico, poiché è disponibile una “target-therapy”, ossia farmaci aventi ALK come bersaglio.

 

Tumore del polmone con traslocazione di ROS1

I riarrangiamenti di ROS1, presenti nell’1-2% dei pazienti affetti da carcinoma del polmone avanzato non a piccole cellule, sono indagati con le stesse tecniche descritte per le mutazioni precedenti. Nonostante sia un’alterazione piuttosto rara, è comunque importante indagarne la presenza perché questi pazienti beneficiano di terapie specifiche (alcune delle quali sono le medesime utilizzate nei pazienti ALK+).

 

Tumore del polmone con mutazione di BRAF

In circa il 5% dei pazienti con adenocarcinoma del polmone vi è il riscontro di mutazioni di BRAF e, in particolare, la metà di questi presenta la mutazione V600E per la quale è disponibile una terapia specifica somministrata per via orale. A differenza di tutte le altre alterazioni genetiche citate finora, in questo caso non sempre si tratta di pazienti con ridotta abitudine al fumo.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto “Il tumore del polmone con mutazione BRAF

Tumore del polmone con traslocazione di RET

La traslocazione del gene RET è presente nell’1-2% dei casi di carcinoma del polmone avanzato non a piccole cellule ed è riscontrata più frequentemente in soggetti giovani, non fumatori, di sesso femminile e nell’istologia tipo adenocarcinoma. Una volta prelevato il campione, la diagnosi molecolare può essere effettuata mediante NGS o metodica FISH. Per questa particolare alterazione non sono al momento presenti in Italia farmaci approvati e rimborsati, ma è possibile accedere a trattamenti mediante l’arruolamento in studi clinici o tramite richiesta nominale.

 

Altri target 

Sono inoltre state riconosciute ulteriori alterazioni genetiche per cui in Italia non ci sono ancora farmaci approvati nella pratica clinica, ma con diverse sperimentazioni cliniche attive.

Di questi ulteriori target fa parte ad esempio il gene KRAS, mutato in circa il 30% degli adenocarcinomi polmonari, di cui circa l’11% con mutazione G12C. Questa mutazione viene riscontrata prevalentemente nella popolazione caucasica fumatrice e costituisce il bersaglio di un farmaco recentemente approvato da FDA.

Tra le alterazioni più rare troviamo ad esempio il riarrangiamento del gene NRG1, descritto per la prima volta nel 2014, presente in circa lo 0.2-0.5% dei pazienti affetti da NSCLC. I riarrangiamenti del gene NTRK, invece, si osservano nello 0.5-1% dei casi di tumore polmonare non a piccole cellule, in particolare nei pazienti con istologia adenocarcinoma. Questo tipo di alterazione genetica si può riscontrare anche in altre tipologie di tumori, come ad esempio nel tumore della tiroide, nel melanoma e in alcune neoplasie del tratto gastrointestinale (tumore del colon, tumore del pancreas e colangiocarcinoma). Attualmente, per questo tipo di tumori è in fase di studio un approccio terapeutico di tipo agnostico, ossia basato su farmaci target per una determinata alterazione genetica indipendentemente dal tipo di tessuto in cui venga riscontrata.

Le alterazioni del gene MET hanno una frequenza del 2-4% dei casi e possono essere amplificazioni o mutazioni (esone 14), quest’ultima maggiormente responsiva alle terapie attualmente in studio.

Infine, le mutazioni del gene HER2, ampiamente studiato nei pazienti affetti da tumore della mammella, hanno una frequenza dell’1-2% nei soggetti con carcinoma del polmone avanzato non a piccole cellule.

Cure di supporto e palliative

Cure di supporto e palliative

I pazienti oncologici possono presentare uno o più sintomi legati alla malattia o alle terapie che, indipendentemente dalla gravità, possono influenzare negativamente la loro qualità di vita. La valutazione e il trattamento di questi sintomi rappresentano un elemento importante del percorso di cura. Le terapie di supporto, la gestione degli effetti dei trattamenti a lungo termine, le cure palliative e quelle del fine vita, sono strumenti importanti per alleviare i sintomi e ottimizzare la qualità della vita dei pazienti oncologici in ogni fase della malattia con il coordinamento di un team multidisciplinare (oncologo, palliativista, terapista antalgico, dietista, psico-oncologo..).

 

Le cure di supporto 

Le cure di supporto comprendono gli interventi volti a prevenire o trattare le complicanze della malattia e dei trattamenti, migliorando la qualità di vita. Lo scopo è quello di ottimizzare la prevenzione e il controllo dei sintomi fisici, psichici, sociali e spirituali della persona e della famiglia.

I sintomi fisici possono essere diversi (vd paragrafo dedicato) e le terapie di supporto che aiutano specificamente pazienti affetti da tumore del polmone sono numerose. Alcuni esempi sono: farmaci che agiscono a livello delle ossa (come ad esempio l’acido zoledronico e il denosumab), volti a ridurre il rischio di fratture associate alla presenza di metastasi ossee; il posizionamento di endoprotesi tracheali o bronchiali (per alleviare dispnea e disturbi respiratori dovuti ad ostruzioni delle vie aeree), farmaci analgesici che aiutano il controllo del dolore, suggerimenti e integratori alimentari in caso di malnutrizione.

 

Generalmente, è importante che le terapie di supporto vadano in parallelo con i trattamenti antitumorali: consentono di migliorare la qualità di vita e l’umore, di ottenere risultati migliori dai trattamenti e riducono il rischio di dover ricorrere a strategie più aggressive.

 

Per ulteriori informazioni è possibile consultare e scaricare il libretto “Terapie di supporto nel Tumore del Polmone ↓” :

 

Le cure palliative

Per cure palliative si intende qualunque forma di trattamento che ha come obiettivo il controllo dei sintomi, correlati prevalentemente al tumore, nell’ottica di migliorare la qualità di vita ed il supporto al malato ed ai suoi familiari. L’integrazione delle cure palliative nel percorso di cura può avvenire al momento della diagnosi, durante il trattamento o a completamento dello stesso.

In quest’ambito assume una notevole importanza il trattamento del dolore, non solo fisico ma di ogni sua componente, della dispnea e delle complicanze dell’allettamento. L’attenzione è sempre rivolta al benessere del paziente assicurando un adeguato sollievo dai sintomi fisici, psicologici e spirituali. Rappresentano un sostegno per il paziente e per la famiglia nell’affrontare la prognosi, prendere decisioni difficili e prepararsi alle cure di fine vita.

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